ARABI [dall'gr. Arati, forse « nomadi »]. - Popolazione semitica stanziata nella penisola araba sin dalla più remota antichità e la cui lenta diffusione concorse a creare vari nuclei di Antichi popoli della Siria, della Mesopotamia, dell'Etiopia, e forse anche della valle del Nilo.
In un primo periodo storico appare organizzata in comunità nomadi, talvolta in bande di predoni (beduini, figli del deserto) con qualche nucleo sedentario (badar) ad economia agricola (fellahin). In seguito, nelle zone meridionali e costiere si affermano in strutture sociali più complesse con l'antico regno dei Minei, con quelli successivi dei Sabei e degli Imiariti (assoggettati nel IV sec. a.C. dagli Abissini), in epoca ancora più tarda con il regno dei Nabatei (divenuto provincia romana nel II sec. d.C.), e infine col regno di Palmira, che fu distrutto dall'imperatore Aureliano.
Nel VII sec., Abul Kaseni, detto poi Maometto (il lodato), riformò l'antica religione derivata dal giudaismo e in parte dal cristianesimo, unificando nella nuova fede dell'islamismo tutti i popoli arabi che in brevissimo' tempo conquistarono uno dei più vasti imperi del mondo e crearono una nuova era della civiltà umana, mantenendo viva la tradizione filosofica e scientifica del mondo ellenico che trasmisero all'Occidente medievale XIII sec. l'impero cominciò a decadere, per l'invasione dei Mongoli e dei Turchi; la civiltà araba sopravvisse in Spagna sino alla fine del XV sec.
Nel nostro secolo si è avuto un vivace risveglio nazionale che ha portato alla costituzione di stati arabi indipendenti e ad una lega di stati arabi. Oggi gli ARABI propriamente detti sono circa 30 milioni, ma arabe di adozione si considerano moltissime popolazioni orientali e dell'Africa settentr., unite dal comune vincolo della lingua e della religione islamica.
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